Mons. Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
La fede non è fuga dal mondo e dai problemi quotidiani della vita. Credere significa dare una risposta alle tante domande che albergano nel cuore di ognuno di noi e che in alcuni momenti diventano più forti e insistenti, spesso drammatiche. Il dolore per la perdita di una persona cara, o il grande problema del male nel mondo, non sono argomenti estranei alla fede, anzi permettono di fortificarla. Porre domande sulla fede, quindi, non solo è importante, ma è doveroso.
Bisogna, tuttavia, porre le domande in modo giusto se si vuole trovare una risposta coerente. Nelle grandi questioni legate al problema del male molti rimandano la responsabilità di tutto a Dio. È bene ricordare almeno due punti importanti. Il primo, è la libertà dell’uomo. Nella maggioranza dei casi siamo noi i responsabili dei disastri di cui l’umanità soffre: dalle guerre ai disastri ecologici, dalla guida irresponsabile dell’auto alla violenza gratuita, perché dobbiamo dare colpa a Dio mentre è frutto del nostro peccato o almeno dell’imprudenza?
Il secondo, riguarda la natura. Un terremoto come uno tsunami, lo scioglimento di un ghiacciaio come una stella cadente, sono espressione di una natura in costante evoluzione che ha leggi proprie. Come per l’uomo ci sono fasi dell’esistenza che si concludono con la morte, così nella natura. Anche il nostro mondo scomparirà e i vari fenomeni di assestamento non fanno che ribadire l’autonomia del creato. La fede, comunque, tocca più direttamente la vita. Credere equivale ad avere incontrato Gesù Cristo e in Lui la certezza di essere amati da Dio. Pigrizia e indifferenza sono patologie che portano lentamente a considerare la fede superflua mentre, di fatto, rendono la vita meno interessante. Credere significa avere sempre uno sguardo carico di meraviglia che produce gioia e dona serenità. Una sfida da accettare e mantenere viva.
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