Lc 13,31-35
In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: «Parti e vattene via di qui, perché
Erode ti vuole uccidere». Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: «Ecco, io scaccio
demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. Però è
necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme». Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a
te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi
non avete voluto! Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete,
finché verrà il tempo in cui direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!».
Probabilmente Erode si serve dei farisei per impaurire Gesù e allontanarlo dal suo territorio. È meglio che questa persona scomoda si trasferisca nella zona di competenza del suo nemico, Pilato. Questi, a sua volta, glielo invierà e gli restituirà il favore. In tale scambio diverranno amici (Lc 23,6-12).
La volpe è un’animale immondo. Con questo titolo Gesù bolla l’immoralità di Erode. Gesù lo tranquillizza, illustrandogli la propria attività. Non entra in concorrenza con lui. Non gli insidia il trono. Il suo potere è quello di servire l’uomo liberandolo dal male interno (demoni) ed esterno (malattie).
Questa è l’attività di Gesù compiuta in pieno giorno.
L’attività di Gesù è compiuta nell’"oggi" della sua vita terrena. La sua vita volge al tramonto: darà pensieri ad Erode ancora per poco tempo. Il terzo giorno è quello definitivo della risurrezione.
Il viaggio di Gesù non è mosso dalla paura di Erode, ma dalla volontà del Padre che lo vuole a Gerusalemme dove si compirà il mistero della salvezza.
La triplice ripetizione del nome di Gerusalemme è l’espressione di un amore e di una tenerezza infiniti. Gesù non piange sulla propria sorte, ma sulla sua città (Lc 19,41; 23,28 ss).Gli reca più dolore il male dell’amata che non la propria uccisione che avviene per mano dell’amata. È la manifestazione suprema del suo amore. È l’amore dello Sposo che piange il male della sposa che l’uccide. È importante la rivelazione anticipata di questo amore che, pur
prevedendo il peggio, si offre senza condizioni. La vista di un Dio che ci ama fino a morire per noi sarà l’offerta estrema d’amore che rende possibile la conversione (Lc 23,48; Gv 12,32).
L’immagine che Gesù dà di sé, paragonandosi a una chioccia, è la più umile e la più bella di tutte. Richiama le parole di Dio del Sal 91,4: "Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio". Esprime la forza della sua tenerezza: l’aquila potente che salva (Dt 32,11) qui si fa chioccia.
L’amore materno di Dio è tanto forte da renderlo
debole, tanto sapiente da renderlo stolto, fino a dare la vita per noi: "Egli infatti fu crocifisso per la sua debolezza" (2Cor 13,4).
L’ultima frase di questo capitolo lascia ancora aperta la possibilità al ravvedimento. Queste parole si riferiscono all’ingresso di Gesù in Gerusalemme (Lc 19,38), ma soprattutto all’ultimo ritorno di Cristo alla fine dei tempi. Anche i giudei saluteranno questo ritorno, perché allora saranno convertiti (Rm 11,25-31).
Padre Lino Pedron
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