Mt 11,28-30
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro.Prendete il mio
giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro
per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Gli affaticati e gli oppressi sono coloro che penavano sotto le pesanti prescrizioni della legge e che si sentivano
smarriti davanti alla dottrina difficile e complicata dei rabbini. Gesù invita tutti costoro a cercare nel suo vangelo la
vera volontà di Dio: una volontà esigente, ma lineare e semplice, alla portata di tutti. Gesù si definisce mite e umile
di cuore. Mite significa l'atteggiamento di Gesù nei confronti degli uomini, un atteggiamento lineare, coraggioso ma
non violento; misericordioso, tollerante, pronto al perdono, ma anche severo ed esigente. Umile indica l'atteggiamento
ubbidiente e docile alla volontà del Padre: un atteggiamento interiore, libero e voluto.
Il "riposo" che Gesù offre, corrisponde alla promessa biblica di pace e felicità. Al seguito di Gesù, la volontà di
Dio non è più un giogo oppressivo e duro, ma genera già ora quella pace gioiosa promessa agli umili e ai miti, garanzia
della salvezza definitiva. Gli insegnamenti degli scribi e dei farisei, invece, sono "pesanti fardelli che impongono
sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito" (Mt 23,4) e producono allontanamento
da Dio e disperazione di potersi salvare.
Al contrario, il "carico" di Gesù è leggero; la religione cristiana non consiste nell'osservanza della legge giudaica
ma nell'entrare nel rapporto del Figlio con il Padre assumendo l'atteggiamento dei piccoli. Tutti coloro che sono disillusi
da ogni forma di religione che non salva e appesantisce la vita sono invitati a seguire Gesù che porta al
mondo la religione vera e definitiva.
Gesù si presenta " mite e umile di cuore". Mite significa il suo atteggiamento accogliente e misericordioso verso
gli uomini. Umile di cuore indica il suo atteggiamento ubbidiente alla volontà del Padre.
Gesù non è un maestro autoritario. Egli non impone agli altri i pesi che prima non ha portato lui. Il giogo è "suo"
perché l'ha portato lui per primo ed è "leggero" perché non contiene ordini assurdi e impossibili. Lo ricordava Pietro
nell'assemblea degli apostoli e degli anziani a Gerusalemme: "Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo
sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi siamo stati in grado di portare? Noi crediamo che
per la grazia del Signore Gesù siamo salvati…" (At 15,10-11). E la prima lettera di Giovanni ci assicura: "I suoi comandamenti
non sono gravosi" (1Gv 5,3).
Padre Lino Pedron
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