Mt 13,31-35
Espose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape,
che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi
ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto
che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». Disse loro un'altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e
mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata». Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con
parabole, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
Aprirò la mia bocca con parabole,
proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
La parabola del granello di senape presenta il contrasto tra la piccolezza del seme e la grandezza della pianta
che produce: un albero che offre ospitalità agli uccelli. La piccolezza del granellino sottolinea l'aspetto insignificante
e addirittura deludente degli inizi dell'avvento del regno di Dio: la venuta di Gesù corrisponde ben poco alle attese
che gli ebrei avevano nei confronti del messia (cf. Mt 3,13-14; 11,2-3).
La parabola del lievito ci insegna che il regno di Dio è presente nel mondo come un fermento che lo trasforma
totalmente.
Il regno dei cieli non ha gli inizi sognati dagli apocalittici e sperati dal popolo. Esso si inserirà nella storia quasi
inavvertitamente (cfr 11,2-3; 12,20), ma si affermerà ugualmente. Il regno dei cieli è ai suoi inizi storici un seme di
senape, ma non sarà tale al suo stadio finale. La parabola è perciò un annuncio di consolazione e di conforto per
quanti non riescono a vedere nell'opera del Cristo la realizzazione delle attese messianiche. Essa fa eco alle parole
rivolte da Gesù ai discepoli:" Non temete, piccolo gregge, perché piacque al Padre vostro dare a voi il Regno"
(Lc 12,32).
La parabola illustra un fatto (l'azione messianica di Gesù), ma soprattutto enuncia una legge (la paradossalità
dell'agire di Dio). Essa sottolinea non solo che l'affermazione del Regno avviene nonostante i suoi umili inizi, ma
proprio per essi.
Ciò che era uno scandalo è invece il segreto del piano di Dio: la piccolezza e la debolezza non pregiudicano la
riuscita futura ma, anzi, ne sono le condizioni necessarie. La debolezza degli uomini del Regno è la loro forza, perché
solo allora trovano in Dio tutta la loro confidenza e tutto il necessario appoggio. Il Regno sarà grande nella debolezza
(cf. 2Cor 12,9).
Bisogna che i credenti abbandonino i loro appoggi terreni, diventino poveri, umili, deboli per far sì che la Chiesa
acquisti i caratteri voluti dal suo fondatore. Chi riceve il Regno come un granello di senape deve uniformare il proprio
animo alla lezione che viene dal piccolo seme. Ritorna ancora una volta il messaggio della povertà con cui si
apre il discorso della montagna (Mt 5,3).
Il discorso in parabole viene nuovamente e con forza definito come discorso destinato al popolo.
Per capirlo non
è necessaria una conoscenza speciale. Il salmo 78,2 viene citato proprio perché identifica nelle "parole" uno strumento
adeguato per rivelare "cose nascoste fin dalla fondazione del mondo".
Il salmo 78 presenta un abbozzo della storia della salvezza di Israele dall'esodo alla conquista della terra promessa
e all'elezione di Davide. Designando l'esposizione della storia, la parabola ci vuol dire che occorre comprenderne,
con la riflessione e la meditazione, il senso: l'essenza e la fedeltà di Dio, il peccato dell'uomo e la conseguente
esortazione alla fedeltà e all'obbedienza.
Ciò che Cristo proclama risale al tempo che precede la creazione. Per Matteo il regno di Dio è una realtà preesistente.
Nel tempo essa fu affidata a Israele ed è divenuta realtà definitiva in Gesù.
La preesistenza del regno di Dio è confermata da Mt 25,34.
Padre Lino Pedron
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