martedì 1 maggio 2012

Non è costui il figlio del falegname?

Mt 13,54-58 
Venuto nella sua patria, insegnava nella loro sinagoga e la gente rimaneva stupita e diceva: «Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi? Non è costui il figlio del falegname? E sua madre, non si chiama Maria? E i suoi fratelli, Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle, non stanno tutte da noi? Da dove gli vengono allora tutte queste cose?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua».  E lì, a causa della loro incredulità, non fece molti prodigi. 

Il racconto dell’arrivo e dell’insegnamento di Gesù a Nazaret è seguito da cinque domande incredule dei nazaretani. Essi chiedono da dove ha origine Gesù. La gente resta strabiliata dall’insegnamento di Gesù. Questa reazione non è ancora ostile, ma indica già incomprensione nei suoi riguardi. Forse gli abitanti di Nazaret sono venuti nella sinagoga più per studiare il loro concittadino che per ascoltare con fede la sua parola. Siccome la sapienza si apprende a scuola o dagli scribi, ma ad essi non risulta che Gesù abbia frequentato né questa né quelli, la conseguenza è presto tratta: non può avere alcun diritto di arrogarsi quell'autorità che gli viene riconosciuta per la sua parola e per i suoi gesti potenti. 
I nomi dei quattro fratelli di Gesù sono conservati dalla tradizione perché hanno avuto un ruolo nella prima Chiesa di Gerusalemme, soprattutto Giacomo, noto come il "fratello del Signore". La tradizione evangelica, riferita anche da Matteo, conosce il nome della madre di Giacomo e di suo fratello Giuseppe: Maria (Mt 27,56). Se questa Maria, moglie di Clèofa, è sorella di Maria, madre di Gesù, allora i due primi "fratelli" sono in realtà suoi cugini (cf. Gv 19,25). Lo stesso si può ragionevolmente pensare anche degli altri due "fratelli" e delle "sorelle". Lo scandalo o crisi di rigetto dei giudei nei confronti di Gesù deriva dalla loro immagine trionfalistica dell’inviato di Dio. 
Gesù si appella a un’altra immagine, quella del profeta contestato, rifiutato e perseguitato da quelli ai quali è inviato. Il proverbio popolare del v.57, citato da Gesù, diventa un annuncio del suo destino che si colloca nella storia degli inviati di Dio rifiutati e osteggiati dal popolo (cf. Mt 5,11-12; 21,34-35; 23,29-32). La conclusione dice espressamente che Gesù non fece molti miracoli nella sua patria a causa dell’incredulità dei suoi abitanti. Il miracolo infatti è legato all'apertura e alla fiducia dell’uomo. 
Solo a chi ha adempiuto la condizione fondamentale di un udire volonteroso e aperto, viene aggiunto tutto il resto. Gesù non compie miracoli per farsi pubblicità e accaparrarsi una folla di seguaci, ma per confermare l’esperienza della fede. Solo all'interno di questa logica è comprensibile la sua attività terapeutica. La ragione dello scandalo, di questo impedimento a credere "ragionevolmente" in Gesù è data dalla condizione stessa di Gesù: dal fatto di essersi fatto uomo e dell’aver scelto un’esistenza umile e povera. 
Padre Lino Pedron
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