Dal Vangelo secondo Matteo (23,27-32)
In quel tempo, Gesù parlò dicendo: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all'esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d'ipocrisia e d'iniquità.
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che innalzate i sepolcri ai profeti e adornate le tombe dei giusti, e dite: Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per versare il sangue dei profeti; e così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli degli uccisori dei profeti. Ebbene, colmate la misura dei vostri padri!”.
COMMENTO AL VANGELO - P. LINO PEDRON
Il sesto "guai" paragona gli scribi e i farisei a sepolcri imbiancati. Per una comprensione precisa del paragone occorre ricordare le usanze giudaiche relative alla sepoltura. Il defunto, avvolto in un lenzuolo, veniva deposto in una tomba costituita da una grotta o da una roccia scavata. Dopo circa un anno, le sue ossa venivano raccolte in un contenitore e definitivamente sepolte in campi o grotte, chiamati "case delle ossa". Questi luoghi di sepoltura erano dipinti con calce perché si potessero facilmente riconoscere. La tinta era rinnovata ogni anno, dopo il tempo delle piogge.
In questo modo si voleva evitare che qualcuno si avvicinasse alle tombe e contraesse una contaminazione prevista dalla legge. Qui si parla di queste "case delle ossa".
Come nel caso dei sepolcri il colore bianco è solo una tinta che nasconde penosamente le ossa dei morti, così la giustizia degli scribi e dei farisei è soltanto esteriore. Dicendo che il loro interno è pieno di ipocrisia e di iniquità si riprendono vocaboli particolarmente cari al vangelo di Matteo, che designano la lontananza da Dio.
E’ possibile anche che il confronto con le tombe imbiancate, accostandosi alle quali ci si può contaminare, intenda suggerire l’idea che nel rapporto con gli scribi e i farisei occorre stare attenti a non contaminarsi.
Il settimo "guai" riguarda la venerazione dei profeti e dei giusti, che gli scribi e i farisei esprimono edificando ad essi sepolcri e monumenti.
Facendo riferimento alla continuità tra padri e figli, questo testo getta uno sguardo d’insieme sulla storia d’Israele.
Per capire il testo bisogna rifarsi al v. 30 secondo il quale gli scribi e i farisei si dichiarano innocenti del male di cui si sono resi colpevoli i loro padri spargendo il sangue dei profeti, perché essi non si sarebbero comportati come i loro antenati.
L’edificazione dei monumenti sepolcrali vorrebbe dimostrare il loro cambiamento di mentalità e la riparazione del male commesso dai loro padri. Ma i versetti immediatamente successivi intendono dimostrare che essi, rifiutando la conversione, si comportano nei confronti dei profeti inviati a loro, alla stessa maniera dei loro padri.
Per quanto ci riguarda, noi possiamo leggere questo testo come invito all’autocritica. Matteo ce lo fa capire mettendo il rimprovero ai farisei in un discorso che è rivolto alla folla e ai discepoli (23,1), cioè alla comunità cristiana.
Se applichiamo queste invettive, o meglio, queste lamentazioni di Cristo, a noi stessi e alla Chiesa dei nostri giorni, dobbiamo verificare se la nostra vita di fede è soltanto esteriorità, attivismo religioso e legalismo.
S. Girolamo ha scritto ai cristiani del suo tempo: "Guai a noi, i vizi dei farisei sono passati a voi!".
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