Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me». Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in
carcere e non mi avete visitato». Anch'essi allora risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». Allora egli risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l'avete fatto a me». E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».
A proposito di questo brano si pongono numerosi problemi di interpretazione. Chi sono le genti adunate per essere collocate a destra e a sinistra? Sono tutti i popoli, senza distinzione, o solo i cristiani? Chi designa l'espressione "questi miei fratelli più piccoli": qualsiasi uomo bisognoso o solo i discepoli e specialmente i predicatori itineranti del vangelo?
Questa parabola riprende il tema della venuta del Figlio dell’uomo. L’apparato glorioso del giudizio divino, che ricorda Zc 14,5 e il raduno di tutte le genti (cfr Mt 24,9.14; 28,19) davanti a Cristo, ci presenta un avvenimento importante: ogni uomo si trova alla presenza del re che dà il possesso dell’eredità del regno ai benedetti del Padre suo.
Il giudizio pronunciato su ciascuno sarà per tutti motivo di stupore: nessuno aveva coscienza di aver accolto o rifiutato il Signore stesso nei "piccoli". "Questi miei fratelli più piccoli" sono i discepoli di Gesù: chi accoglie loro, accoglie Cristo stesso (cfr Mt 10,40-42; 12,48-50; 18,6.10.14; 28,10).
Il giudizio decisivo pare così basarsi sull’accoglienza degli inviati di Cristo e, attraverso di loro, sull’accoglienza della sua stessa persona e del suo messaggio: nelle opere di misericordia e nella sollecitudine portata ai discepoli sofferenti si raggiunge Gesù stesso che si è fatto "piccolo", che è venuto per servire e per dare la vita in riscatto per tutti (cfr Mt 20,28). Egli si identifica totalmente con il suo inviato sofferente e "perseguitato per la giustizia" (cfr Mt 5,10; 10,17-18).
Ma la parabola va certamente oltre. Gesù stesso si è chinato sui poveri e i sofferenti perché vedeva in essi dei discepoli in speranza e dei piccoli in crescita. Così l’apparente indeterminazione dell’espressione "questi miei fratelli più piccoli" vuol certamente designare tutti i bisognosi di amore concreto e fattivo, ossia tutti.
Il messaggio di questo brano può essere riassunto in due parole: Dio nel fratello. I "benedetti" ricevono il regno perché hanno praticato la misericordia. Le opere di misericordia sono la porta che introduce nell’eternità. Il vangelo annuncia che la misericordia è sempre praticata nei confronti di Cristo.
Poiché la misericordia è il criterio del giudizio, il testo diventa un imperativo pressante rivolto a tutti perché pratichino la misericordia. Il brano vuole incitare all’azione.
Per i cristiani la misericordia praticata o rifiutata è la prova certa della loro fede. A tutti Gesù ripete il detto di Os 6,6: "Misericordia io voglio e non sacrificio" (cfr Mt 9,13; 12,7).
La beatitudine dei misericordiosi che otterranno misericordia costituisce un commento alla prima parte di questo brano. La parabola del servo senza misericordia (cfr Mt 18,21ss) può illustrare la parte negativa di questo brano.
Il giudizio di tutti avviene sulla base delle opere di misericordia. La fraternità è il senso per il quale è stato creato il mondo. Il mondo è salvo quando cerca e vive la fraternità. Solo chi comprende le esigenze del prossimo, comprende le esigenze di Gesù.
La comunione umana, in particolare la comunione con i più bisognosi, ha un senso divino che la rimanda al di là di se stessa. Gli uomini e le donne sono immagini viventi del Dio della vita. San Clemente d’Alessandria ha scritto: "Quando vedi il tuo fratello, vedi il tuo Dio".
E’ l’uomo che decide liberamente per la vita eterna o per il fuoco eterno. Questa decisione non è fatta a parole, ma con le opere di misericordia verso Cristo che si identifica con i bisognosi. E’ nella vita presente che decidiamo per Cristo o contro Cristo. E questa scelta si manifesta nell’amore operoso per il prossimo o nel rifiuto della nostra misericordia verso i miseri.
C’è una sola via in cui tutti gli uomini si ritrovano uguali e discepoli di Cristo: quella delle buone opere.
Padre Lino Pedron
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