Condivido con voi questo prezioso monologo tra Monsignor Enrico Bartoletti e Cristo. Leggetelo attentamente e ne trarrete benefici, perché tutti se ci convertiamo possiamo ricostruire le proprie rovine.
Un bacio. Maria M.
Signore, parlo con Te.
Non sei un'idea: sei il Vivente, Cristo, mio Dio. Sei il Cristo, che gli uomini hanno avvicinato e amato, come si ama un altro uomo.
Sei la realtà vera a cui è legata tutta la mia vita, il mio lavoro, i miei ideali.
Torno a Te, Cristo Signore, per sentirmi ancora qualcuno, per ricostruirmi.
O, lo sai bene, non ti porto un edificio ben lavorato, un'opera compiuta; ma un ordigno prezioso, divenuto briciole, anche se briciole d'oro. Lo riporto a Te perché lo ricostruisca in unità.
Che cosa ho fatto, Signore, da un pezzo in qua?...” Verba, verba, praetereaque nihil” (1). Eppure Tu mi sei passato accanto tante volte; e mi hai messo nel cuore, vivo insistente, il bisogno tormentoso di Te.
La morte mi ha sfiorato, e ho sentito pungente il desiderio di finirla con gli uomini e le cose, e ricongiungermi a Te. Ma poi, tornato alla vita, son diventato ancora una volta mediocre, terreno, sciocco. Ho dimenticato Te. Son diventato nell'intimo uno dei tanti.
Quante anime mi si sono avvicinate! E mi hanno chiesto appassionatamente di portarle a Te, di sacrificarti la loro giovinezza, di imparare ad amare. Ed io le ho mandate innanzi, le ho spinte verso la suprema generosità del dono di sé; mi son sentito padre e fratello con loro. Ma poi le ho tradite, perché la mia vita, tornata solitaria, ha rivisto tutte, ad una ad una, le mie meschinità.
Gli altri non sanno; ma tu vedi e tu sai, o Signore!
Mi hai chiesto il sacrificio, facendomi capire che “vi sono dei momenti in cui si ha la voglia di farla finita con gli uomini; e non c'è che due maniere per farla finita: o amare o morire”.
Ed io ho accettato : ho chiesto che la vita fosse davvero un silenzioso dolore, tutta volta al dare e non al chiedere, perché è “meglio che ricevere”. Ma poi, quando è venuto il dolore mi sono abbattuto, e l'ho sciupato, manifestandolo, come si sciupa una bottiglia di vino vecchio, stappandola. Ho cercato me; ho voluto la poesia del dolore, non il dolore soltanto.
Soprattutto, o Signore, ho sciupato la mia vita interiore, ho spezzato la mia vita di prete: nessuna importanza all'Opus Dei, perdendo anche la viva coscienza del mio dovere. Quante volte mi sono addormentato senza aver terminato l'Ufficio! E la lettura spirituale? E le pratiche di pietà ordinarie?...E' vero: molto si è salvato, perché in fondo ho parlato di Te e vissuto di Te...Ma a lungo andare, mi espongo all'esaurimento; corro (il) pericolo di far rovinare l'edificio soprannaturale e con quello anche la coscienza morale dell'uomo puro e semplice.
Mio Dio, pietà. Sono ancora e soprattutto ora il figliol prodigo che ritorna a Te!
Uno sguardo di compassione, Cristo mio Dio, sulla mia miseria e mediocrità: un tuo sguardo profondo e indagatore, come inesorabile giudice, sul mio rovinio interiore. Da Te lo prendo volentieri, Signore, anche se punge, e sconvolge; perché so che è uno sguardo vivificatore.
Mi metto, dunque, Signore, alla tua presenza, per ascoltarti e parlare; per piangere e agire: per ritornare. Lo fo per me, Signore; ché non posso più vivere in questa continua menzogna vitale, in questo alterno contrasto del fare e del dire; lo fo per i miei ragazzi, che aspettano, fuori, affollandosi coi loro intimi contrasti e bisogni. E son babbo per loro; e non posso dare uno scorpione per un uovo, un serpente per un pesce. Lo fo per Te, Cristo mio Dio, perché sono e voglio essere tuo: tua gloria, Signore, tua conquista, tua corona. ” Apostoli gloria Christi” (2).
Perché per me è ormai il giuoco dell'ultima carta, quello che gioco nella vita, con Te.
Ascolto, Gesù. Parla e ricostruisci.
3 gennaio 1945
Monsignor Enrico Bartoletti
1) " Parole, parole e nient'altro"
2) " Sono gli apostoli delle Chiese e la gloria di Cristo"
Tratto da : In Spe Fortitudo Diario Spirituale 1933 – 1975 di Enrico Bartoletti
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lunedì 5 gennaio 2015
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