Mt 6,7-15
Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza
di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno
prima ancora che gliele chiediate. Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male. Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà
anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà
le vostre colpe.
Gesù ci insegna la preghiera cristiana, che si contrappone alla preghiera dei farisei e dei pagani: il Padre nostro.
E' un testo di grande importanza che ci aiuta a comprendere chi è il cristiano.
Il Padre nostro è una parola di Dio
rivolta a noi, più che una nostra preghiera rivolta a lui. E' il riassunto di tutto il vangelo. Non è Dio che deve convertirsi,
sollecitato dalle nostre preghiere: siamo noi che dobbiamo convertirci a lui.
Il contenuto di questa preghiera è unico: il regno di Dio.
Ciò è in perfetta consonanza con l'insegnamento di Gesù:
"Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33).
Padre nostro. Il discepolo ha diritto di pregare come figlio. E sta in questo nuovo rapporto l'originalità cristiana
(cfr Gal 4,6; Rm 8,15). La familiarità nel rapporto con Dio, che nasce dalla consapevolezza di essere figli amati dal
Padre, è espressa nel Nuovo Testamento con il termine
parresìa che può essere tradotto familiarità disinvolta e
confidente (cfr Ef 3,11-12). L'aggettivo nostro esprime l'aspetto comunitario della preghiera. Quando uno prega il
Padre, tutti pregano in lui e con lui.
L'espressione che sei nei cieli richiama la trascendenza e la signoria di Dio: egli è vicino e lontano, come noi e
diverso da noi, Padre e Signore. Il sapere che Dio è Padre porta alla fiducia, all'ottimismo, al senso della provvidenza
(cfr Mt 6,26-33).
Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà.
Il verbo della prima invocazione è al passivo:
ciò significa che il protagonista è Dio, non l'uomo.
La santificazione del nome è opera di Dio. La preghiera è
semplicemente un atteggiamento che fa spazio all'azione di Dio, una disponibilità. L'espressione santificare il nome
dev'essere intesa alla luce dell'Antico Testamento, in particolare di Ez 36,22-29.
Essa indica un permettere a Dio di
svelare il suo volto nella storia della salvezza e nella comunità credente. Il discepolo prega perché la comunità diventi
un involucro trasparente che lasci intravedere la presenza del Padre.
La venuta del Regno comprende la vittoria definitiva sul male, sulla divisione, sul disordine e sulla morte. Il discepolo
chiede e attende tutto questo. Ma la sua preghiera implica contemporaneamente un'assunzione di responsabilità:
egli attende il Regno come un dono e insieme chiede il coraggio per costruirlo. La volontà di Dio è il disegno
di salvezza che deve realizzarsi nella storia.
Come in cielo, così in terra. Bisogna anticipare qui in terra la vita del mondo che verrà. La città terrestre deve
costruirsi a imitazione della città di Dio.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano.
Il nostro pane è frutto della terra e del lavoro dell'uomo, ma è anche, e soprattutto,
dono del Padre. Nell'espressione c'è il senso della comunitarietà (il nostro pane) e un senso di sobrietà (il
pane per oggi). Il Regno è al primo posto: il resto in funzione del Regno.
Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal
male. Anche queste tre ultime domande riguardano il regno di Dio, ma dentro di noi. Il Regno è innanzitutto l'avvento
della misericordia.
Questa preghiera si apre con il Padre e termina con il maligno. L'uomo è nel mezzo, conteso e sollecitato da entrambi.
Nessun pessimismo, però. Il discepolo sa che niente e nessuno lo può separare dall'amore di Dio e strappare
dalle mani del Padre.
Matteo commenta il Padre nostro su un solo punto, rimetti a noi i nostri debiti.... Ecco il commento: "Se voi, infatti,
perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi...".
Nel capitolo precedente Matteo aveva messo in luce l'amore per tutti. Ora mette in luce la sua concreta manifestazione:
il perdono.
Padre Lino Pedron
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