venerdì 9 dicembre 2011

Non ascoltano né Giovanni né il Figlio dell’uomo

A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!». È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: «È indemoniato». È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: «Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori». Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

Di fronte a Giovanni che è "più che un profeta" (Mt 11,9) e a Gesù che è il Messia, "questa generazione" recalcitra come dei monelli che si rifiutano di stare al gioco. L’espressione "questa generazione" designa tutti coloro che sono incapaci di udire, di vedere e di giudicare adeguatamente. Gesù rimprovera agli uomini di "questa generazione" di essere come bambini capricciosi che vogliono essere lasciati in pace, che non vogliono essere sollecitati a fare delle scelte. Rifiutano un atteggiamento e anche il suo contrario, criticano una proposta e anche l’altra: e questo è la prova della loro insincerità e della loro cattiva volontà.
I canti di gioia che invitano alla danza simboleggiano l’opera di Gesù, la sua comunione conviviale con i peccatori.
Le lamentazioni indicano il Battista e la sua vita ascetica. Entrambi hanno incontrato il rifiuto di "questa generazione".
La generazione del rifiuto ha preso la scusa dalla vita austera del Battista per muovergli l’accusa di essere un ossesso. L’accusa rivolta a Gesù si riferisce alla sua comunione conviviale con i pubblicani e i peccatori (Mt 9,11),
che manifestava la sua offerta di grazia per tutti e la sua misericordia. Il rimprovero "mangione e beone" equivale a buono a nulla, fannullone, parassita.
Di fronte a un giudizio così offensivo, duro e umiliante, Gesù ha una giustificazione da presentare: le sue opere.
Matteo parla delle opere della sapienza e dice che la sapienza personificata è Cristo (cfr 1Cor 1,24.30).
"Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere" (v. 19). La sapienza designa l’azione di Dio nella creazione e nella storia (cfr Sir 24; 42,15-25; Sap 10,1-11) ed esprime la volontà di Dio (Sap 9,13-18) che si lascia conoscere
attraverso lo Spirito del Signore. Questa allusione alla sapienza ricorda Sir 18,1-4 dove il Signore viene proclamato giusto proprio per le sue opere.
I rapporti di Gesù con i peccatori, l’accoglienza riservata loro – espressione della benevola volontà di Dio a cui egli si attiene nell’operare – diventano uno scandalo. Lo scandalo nasce dal fatto che egli col suo comportamento
abbatte i muri che essi avevano accuratamente eretti tra sé e gli altri a salvaguardia dei loro privilegi.
Padre Lino Pedron
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